Mio figlio non vuole studiare! Cosa fare per risolvere un problema di motivazione scolastica
La motivazione scolastica è un prerequisito fondamentale per il successo degli apprendimenti. Tuttavia, se mio figlio non vuole studiare come posso intervenire per aumentarla? Se mio figlio non ha voglia di studiare quali sono le strategie più efficaci per intervenire? Lo vediamo insieme!
Nei precedenti video e articoli abbiamo analizzato le 4 categorie di fattori che possono determinare un problema di difficoltà scolastiche.
Oggi analizzeremo nello specifico i fattori motivazionali e vedremo insieme:
- che cos’è la motivazione;
- quali sono le variabili che determinano la motivazione scolastica;
- quali sono le strategie che possono essere utilizzate per favorire la motivazione scolastica se mio figlio non ha voglia di studiare.
MIO FIGLIO NON VUOLE STUDIARE! COSA FARE: LA MOTIVAZIONE SCOLASTICA COME PREREQUISITO PER L’APPRENDIMENTO
La motivazione è una variabile fondamentale e un prerequisito di base per qualsiasi forma di apprendimento: se non c’è motivazione, difficilmente riuscirò ad apprendere con successo nuovi concetti e abilità.
Per comprendere al meglio il ruolo della motivazione ti propongo questo esempio:
prova a immaginare l’ultima volta che sei stato obbligato a seguire una spiegazione di un argomento che non ti interessava e su cui non vedevi alcuna utilità…
- Com’è stato il tuo vissuto durante la spiegazione?
- Che cosa ricordi di quella spiegazione?
- Quanto efficace è stato il tuo apprendimento?
- Che cosa hai appreso?
Da questo semplice esempio riusciamo a vedere in maniera evidente quello che è il ruolo della motivazione nell’apprendimento.
Senza motivazione non ci può essere attenzione, perseveranza e profondità di elaborazione del concetto che ci stanno presentando.
Inoltre, sul piano emotivo le tonalità sono “grigie” e il vissuto, l’esperienza di apprendimento, è negativa.
Inoltre, i vissuti e le esperienze negative vengono evitate dalle persone e più la persona è giovane, come il proprio figlio, più ha difficoltà a gestire questi meccanismi!
Quindi, se non c’è motivazione non ci può essere apprendimento di qualità e la persona non può dare il massimo.
Questi principi valgono allo stesso modo la motivazione scolastica e se mio figlio non vuole studiare è proprio su questa che bisogna agire attivamente.
Inoltre, vanno tenuti in considerazione i vissuti e le esperienze sul piano emotivo: se mio figlio non ha voglia di studiare è perché il contesto scuola è stato progressivamente associato come uno stimolo e un’esperienza negativi da cui lui non trae incentivo.
Teniamo quindi a mente il carattere di prerequisito all’apprendimento della motivazione scolastica: in nessun modo si possono avere buoni risultati a scuola e dei vissuti positivi ad essa annessi in assenza di motivazione.
MIO FIGLIO NON VUOLE STUDIARE! COSA FARE: LE VARIABILI ALLA BASE DEL CONCETTO DI MOTIVAZIONE SCOLASTICA
Prima di vedere insieme in quali sono le strategie che possono essere utilizzate per favorire la motivazione scolastica, analizzeremo insieme il concetto di motivazione e quali sono le variabili alla sua base.
Se mio figlio non ha voglia di studiare, quali variabili e sottocomponenti devo analizzare in dettaglio per capire come intervenire?
Il livello di motivazione è legato alla combinazione e all’interazione di due tipi di aspettative:
- l’aspettativa di efficacia;
- l’aspettativa di risultato.
L’aspettativa di efficacia consiste nella credenza di essere in grado di svolgere un certo compito, di avere tutte le abilità necessarie, nella convinzione di “essere all’altezza della situazione”.
L’aspettativa di risultato invece è la credenza che, una volta concluso un certo compito specifico, avrò accesso a incentivi, vantaggi o conseguenze per me positive.
Per mantenere alto il livello di motivazione ho bisogno sia dell’aspettativa di efficacia, sia dell’aspettativa del risultato.
Se anche solo una delle due non è presente al livello adeguato, la motivazione viene compromessa. Ad esempio, se devo svolgere un esercizio di matematica e io sono convinto di non avere le abilità e le capacità di base per svolgerlo, allora l’aspettativa di efficacia, la fiducia nelle mie capacità di svolgerlo, viene meno e di conseguenza anche la motivazione.
Oppure, se allo stesso esercizio di matematica io sono convinto di avere tutte le abilità per svolgerlo correttamente ma allo stesso tempo sono anche convinto che, a causa dei miei contrasti con l’insegnante, sono stato preso di mira e mi darà in ogni caso un voto negativo, allora è l’aspettativa di risultato ad essere compromessa.
In questo caso so di avere le abilità ma in ogni caso il voto sarà negativo e quindi non vi saranno vantaggi o incentivi per il corretto svolgimento del compito.
In questo caso, anche se l’aspettativa di efficacia è presente, l’aspettativa di risultato non è presente perché do un giudizio di inutilità al mio impegno e la motivazione viene compromessa.
MIO FIGLIO NON VUOLE STUDIARE! COSA FARE: L’IMPORTANZA DI RECUPERARE GLI INCENTIVI E DI ASSOCIARE LA SCUOLA CON UN ESPERIENZA POSITIVA
Una volta che ho verificato che non ci siano problemi sul piano delle abilità cognitive di base (ragionamento, lettura, scrittura, calcolo, …), per favorire la motivazione devo necessariamente intervenire sulle aspettative di risultato e quindi sugli incentivi che vengono associati alla scuola.
Un classico esempio del fatto che il problema non è a livello delle abilità è quando al colloquio con gli insegnanti viene riportato al genitore che:
“…il bambino/ragazzo è molto intelligente ma non si applica abbastanza…”
“…è un peccato che si butti via così a non far niente perché le abilità le avrebbe tutte…”
Oppure, un altro esempio è quando per tutte le elementari o le medie non ci sono stati problemi di rendimento e, tutto ad un tratto, c’è un repentino crollo del rendimento.
In questi casi presi ad esempio è evidente come le abilità di base siano presenti e che il problema di rendimento sia causato da altri fattori: emotivi e/o motivazionali.
Spesso, quando è un problema a livello della motivazione a determinare le difficoltà scolastiche, la persona ha associato la scuola come uno stimolo assolutamente negativo e non riesce a tirar fuori nessun incentivo dell’impegno scolastico:
- i risultati sono negativi;
- quando arrivo a casa, ovviamente, mamma papà non sono contenti e quindi quando si parla della scuola il riscontro è negativo;
- il rapporto con gli insegnanti sta peggiorando;
- mi sto prendendo anche un po’ indietro e quindi, che faccia o che non faccia, farò fatica a recuperare i risultati.
Con queste premesse risulta evidente come la scuola venga associata come qualcosa di assolutamente negativo e, in queste fasi, ogni occasione sarà buona per allontanarsi dalla scuola.
Contemporaneamente, dato che il comportamento della persona e la sua motivazione sono governati dagli incentivi, il bambino o ragazzo cercherà quelle poche cose che ancora gli danno incentivo.
La scuola sarà il più possibile evitata come si fa con gli stimoli negativi e l’alunno si focalizzerà su videogiochi, uscite con gli amici, giocare, … fare tutt’altro che non siano libri, quaderni o studio.
Inoltre, in questa fase si instaurano dei circoli viziosi perché più perdo motivazione e porto a casa dei fallimenti, più perdo ulteriormente incentivo e quindi motivazione scolastica.
Più mio figlio non ha voglia di studiare, più avrà dei fallimenti che comprometteranno ancora di più la motivazione scolastica.
In questa fase, un ulteriore “effetto collaterale” è legato alla compromissione dei rapporti genitore figlio e del clima familiare a causa dei problemi di rendimento scolastico.
I genitori preoccupati, in buona fede e mossi da buone intenzioni, cercano di “prendere le redini della situazione” ma la tensione è elevata e quindi si scivola in un sacco di spiegazioni, rimproveri, contrasti, … e così il figlio, oltre ad avere già associato la scuola come qualcosa di negativo, si rende conto che la scuola sta compromettendo anche il clima familiare.
Quando noi gli proponiamo di fare i compiti e insistiamo sul fatto che si impegni di più, per lui i compiti sono associati a tutti questi aspetti negativi e quindi la sua reazione naturale non sarà altro che l’evitamento.
Se mio figlio non ha voglia di studiare, la soluzione per recuperare la motivazione scolastica è ribaltare la situazione e far associare gradualmente la scuola ad incentivi e stimoli positivi.
MIO FIGLIO NON VUOLE STUDIARE! COSA FARE: SOSTITUIRE STIMOLI ED ESPERIENZE NEGATIVE CON INCENTIVI E STIMOLI POSITIVI
All’inizio abbiamo visto che la motivazione è un prerequisito fondamentale per l’apprendimento, quindi, finché non riesco a recuperarla, in nessun modo riuscirò a portare a casa dei risultati tangibili e risolvere il mio problema con la scuola.
Se mio figlio non ha voglia di studiare è perché la scuola è stata associata come uno stimolo negativo: per risolvere il problema devo ribaltare la situazione.
Se la scuola è stata associata con degli stimoli negativi che hanno eroso la motivazione scolastica, pian piano dovrò far associare degli incentivi, degli stimoli positivi, all’impegno scolastico.
Adesso vedremo insieme le strategie che noi, come Studio Sofisma, utilizziamo in studio con la nostra presa in carico specifica per le difficoltà a scuola per andare a intervenire sulla motivazione scolastica.
Ovviamente le variabili alla base e i concetti chiave sono gli stessi anche per qualsiasi genitore che voglia iniziare fin da subito a favorire la motivazione del proprio figlio.
Ricordiamo sempre che la variabile chiave per agire sulla motivazione è fare in modo che la scuola, associata con uno stimolo negativo, venga associata a tutta una serie di incentivi in positivo per andare a recuperare le aspettative di risultato e di conseguenza la motivazione scolastica.
MIO FIGLIO NON VUOLE STUDIARE! COSA FARE: STRATEGIE DI INTERVENTO E CONSIGLI OPERATIVI PER RECUPERARE LA MOTIVAZIONE SCOLASTICA
Le strategie operative per recuperare la motivazione scolastica sono suddivisibili in tre fasi da implementare nel seguente ordine:
- implementare una sessione di lavoro (compiti/studio) su base quotidiana;
- implementare una guida del proprio figlio in ogni sessione di lavoro con l’obiettivo di modulare la difficoltà del compito e verificare il mantenimento di impegno e attenzione;
- utilizzare la sessione di lavoro implementata per introdurre più incentivi possibile e farli associare all’impegno scolastico.
Di seguito approfondiremo le tre fasi della procedura con i criteri da seguire per una loro corretta implementazione.
MIO FIGLIO NON VUOLE STUDIARE! COSA FARE: FASE OPERATIVA 1 – IMPLEMENTAZIONE SESSIONE DI LAVORO
Se mio figlio non ha voglia di studiare, la prima fase da seguire per intervenire sulla motivazione scolastica e quella di implementare delle sessioni di lavoro (di compiti o di studio a seconda del caso) su base quotidiana.
In ogni giornata deve essere presente una sessione di durata il più possibile costante in modo da distribuire il più possibile il lavoro e rendere queste sessioni il più possibile brevi.
Inoltre, con tale regolarità, in ogni giornata ci sono delle occasioni di apprendimento per associare l’impegno scolastico con tutta una serie di incentivi.
In questi casi le obiezioni del genitore sono:
“…mio figlio di sicuro non si metterà a lavorare quotidianamente anche se io gli dico di implementare queste sessioni di compiti!”
“Non servirà assolutamente a nulla perché non mi ascolterà anche se gli dico di studiare”
La motivazione è venuta meno quindi ovviamente non si metterà autonomamente a lavorare quotidianamente anche se glielo diciamo!
Paradossalmente, se seguisse le indicazioni in questo modo, il problema si sarebbe risolto da tempo.
Per implementare con successo le sessioni di lavoro in questa prima fase serve imporsi con forza e decisione, andando ad utilizzare delle strategie educative specifiche di gestione delle contingenze.
In studio, all’interno della nostra presa in carico specifica per le difficoltà scolastiche, questa prima fase viene introdotta tramite delle sessioni di “Parent Training” in cui vengono concordate con i genitori delle indicazioni educative tali per cui tutti gli incentivi e le cose che piacciono al figlio vengono utilizzate come moneta di scambio per vincolarlo alla sessione di lavoro.
Ricordiamo che se mio figlio non ha voglia di studiare è perché la motivazione scolastica è stata persa e quindi in una prima fase una forte e direttiva imposizione risulta indispensabile in quanto il figlio ha bisogno di essere guidato.
Se non avesse bisogno di essere guidato, a questo punto avrebbe già trovato una soluzione al problema scuola!
Per un esempio di applicazione di queste strategie di gestione delle contingenze per implementare una sessione di lavoro su base quotidiana vi rimandiamo al caso di Luca che potete trovare gli articoli sul nostro sito.
Implementare la sessione di lavoro non è semplice ed è una fase delicata ma non si può neanche prescindere da questo step perché se non c’è il minimo impegno nella scuola e non fa altro che evitare libri e quaderni, in che modo riuscirò a fargli associare degli incentivi con l’impegno scolastico?
Se non procedo in questo modo non ho nemmeno a disposizione le occasioni di apprendimento per ribaltare la situazione e far condizionare la scuola con incentivi positivi!
MIO FIGLIO NON VUOLE STUDIARE! COSA FARE: FASE OPERATIVA 2 – AFFIANCAMENTO E GUIDA NELLA SESSIONE DI LAVORO
La seconda fase consiste nel seguire, accompagnare e supportare il bambino o ragazzo nelle sessioni di lavoro.
Supportarlo in questa fase ha l’obiettivo principale di fare in modo che sperimenti, nel contesto protetto della sessione di lavoro impostata, l’incentivo del successo risultante dal suo impegno in un compito inerente alla scuola.
Fare in modo che possa dire:
“ce la faccio!”
“se mi impegno sono in grado di svolgere l’esercizio”
Quando lo si supporta in queste sessioni di lavoro dobbiamo cercare di mettere assolutamente da parte tutta la negatività associata alla situazione scolastica.
Dobbiamo far percepire al bambino o ragazzo queste sessioni di lavoro come se stessimo facendo un gioco di società, un gioco di enigmistica, un cruciverba, … una prestazione in cui “ok devo impegnarmi” ma che va tenuta in qualche modo sganciata da tutto il disagio e gli stimoli negativi che sono stati associati alla scuola.
Dobbiamo trasformare questa sessione di lavoro in un momento di richiesta di prestazione il più possibile positivo per far associare l’impegno scolastico e lo svolgere gli esercizi con qualcosa di positivo, con l’incentivo di “riuscire”.
In questa fase dobbiamo portare molta attenzione ed enfasi sulla relazione per fare in modo che il clima rimanga disteso e che ci sia un rapporto tranquillo e rilassato.
Se siamo tesi o arrabbiati allora il rapporto col proprio figlio è compromesso e di conseguenza sto compromettendo anche la sessione di lavoro.
Ricordiamo sempre che è l’obiettivo di base è di far associare l’impegno scolastico con degli incentivi in positivo: l’incentivo del “riesco a fare” è quello che dobbiamo favorire con la nostra guida in questa seconda fase!
Ovviamente a seguire il bambino o ragazzo possono essere i genitori, un parente o una figura esterna di supporto (educatore, professionista, supporto compiti, …).
MIO FIGLIO NON VUOLE STUDIARE! COSA FARE: FASE OPERATIVA 3 – ASSOCIARE PIÙ INCENTIVI POSSIBILE ALLA SESSIONE DI LAVORO
Con le prime due fasi abbiamo ricreato un contesto di lavoro protetto, un’occasione di apprendimento in cui l’impegno scolastico può essere associato a tutta una serie di incentivi e stimoli positivi.
Infatti, nella terza fase l’obiettivo fondamentale è quello di incentivare il più possibile l’impegno scolastico nella sessione di lavoro.
Dobbiamo far sperimentare a nostro figlio che con l’impegno può avere accesso a tutta una serie di incentivi e vantaggi.
Alcuni esempi di vantaggi che dobbiamo fargli sperimentare se la sessione di lavoro è stata svolta in maniera corretta sono:
- poter giocare tranquillamente senza contrasti o rimproveri dopo la sessione di lavoro;
- poter uscire tranquillamente (nel caso di un bambino o ragazzo più grande);
- lodi verbali;
- assenza di critiche, rimproveri e contrasti;
- clima familiare disteso;
- relazione calda e serena con mamma e papà;
- …
Dobbiamo fargli sperimentare nel concreto che se mette impegno nella scuola ha possibilità di avere accesso tutta una serie di vantaggi!
Anche in questa fase dobbiamo ricordarci di tenere da parte l’attuale negatività della situazione generale scolastica.
Un errore classico in questa fase è il genitore che, una volta avviate le procedure di intervento, arriva a casa tardi, è un po’ più teso e più irritabile del solito, vede che il figlio non è sui libri perché ha già finito e scatta dicendogli:
“Ecco, che cosa stai facendo? Sei preso indietro con la scuola e la media non è ancora recuperata! Anche se oggi hai lavorato hai ancora un sacco da fare!”
Il genitore, così facendo, ha assolutamente distrutto quel poco di incentivo che avevamo fatto associare all’impegno scolastico.
Quando mio figlio non ha voglia di studiare e a scuola le cose non vanno per il meglio, la frustrazione e la preoccupazione del genitore sono elevati, tuttavia, nel momento in cui scivoliamo con questi rimproveri e commenti, in che modo ci siamo avvicinati alla risoluzione del problema?
Quali risultati positivi abbiamo raggiunto facendo così?
Siamo ritornati al punto zero e abbiamo fatto associare ulteriore stimolo negativo al tema scuola.
Quando andiamo ad implementare questo tipo di presa in carico abbiamo visto che è molto utile coinvolgere gli insegnanti.
Se facciamo squadra con gli insegnanti riusciamo ancora di più a favorire questo meccanismo di associazione di incentivi e vantaggi con i primi abbozzi di impegno scolastico.
MIO FIGLIO NON VUOLE STUDIARE! COSA FARE: CONCLUSIONE
Quando mio figlio non ha voglia di studiare e la motivazione scolastica risulta compromessa, implementare le tre fasi con successo non è affatto semplice.
Tuttavia, se riesco a recuperare la motivazione scolastica avrò impiegato nel migliore dei modi le mie risorse trasformandole in un vero e proprio investimento sul futuro e il benessere di mio figlio.
Con un buon livello di motivazione scolastica mio figlio riuscirà a procedere nel suo percorso scolastico con migliori risultati e un maggiore livello di benessere e soddisfazione.
Per motivi didattici abbiamo analizzato da soli i fattori motivazionali ma, ovviamente, in un caso reale vanno presi in considerazione contemporaneamente anche tutti gli altri fattori: abilità cognitive, strategie di lavoro, metodo di studio e fattori emotivi.
Nei prossimi articoli approfondiremo l’argomento e vedremo in dettaglio tutti gli altri fattori che vanno a determinare un problema di difficoltà scolastiche.
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Dott. Alberto Cocco
PSICOLOGO CLINICO
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