Mio figlio non riesce a stare fermo! Problema clinico o semplice vivacità?
Se tuo figlio non riesce a stare fermo o non riesce a concentrarsi, quali possono essere i campanelli di allarme per distinguere la normale vivacità da un disturbo? Li vediamo oggi insieme alle procedure di intervento specifiche.
Quando un figlio non riesce a concentrarsi su un compito oppure quando il proprio figlio non riesce a stare fermo, questo genera al genitore significative difficoltà di gestione.
Allo stesso tempo vi è non poca preoccupazione su quale possa essere la causa di queste difficoltà: se è semplicemente una maggiore vivacità del bambino oppure se è presente un problema clinicamente significativo, fino ad arrivare ad un vero e proprio disturbo.
Nei precedenti video e articoli abbiamo visto come intervenire sui problemi di comportamento del bambino e come modificare efficacemente la condotta del proprio figlio, utilizzando tecniche di gestione delle contingenze.
Nel presentare il servizio di parent training, abbiamo specificato come i colloqui preliminari, l’osservazione a domicilio del bambino e le griglie di rilevazione dei comportamenti, oltre che per inquadrare al meglio il problema di comportamento da risolvere, permettano di escludere eventuali altri problemi clinicamente rilevanti legati a:
- impulsività;
- iperattività;
- deficit cognitivi;
- ritardi nello sviluppo.
Per procedere nell’intervento educativo vi è infatti la necessità di verificare che il problema del bambino sia esclusivamente legato a fattori ambientali di gestione educativa e non ad eventuali problemi di iperattività o ad un deficit cognitivo del bambino.
MIO FIGLIO NON RIESCE A STARE FERMO: I DISTURBI ESTERNALIZZANTI
Tra i problemi di rilievo clinico che necessitano di interventi specifici e che possono essere erroneamente confusi per una particolare vivacità del bambino, vi sono quelli che, in gergo, vengono definiti disturbi esternalizzanti.
La terminologia “Disturbi Esternalizzanti” dell’infanzia e dell’adolescenza fa riferimento ad un insieme di disturbi e comportamenti ad essi associati, caratterizzati da aggressività, problemi di concentrazione, impulsività e iperattività.
I disturbi esternalizzanti che trovano descrizione nel Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali – 5° edizione (DSM-5) sono:
- disturbo da deficit di attenzione/iperattività;
- disturbo oppositivo provocatorio;
- disturbo esplosivo intermittente;
- disturbo della condotta.
Il DSM-5 include rispettivamente il primo nei “disturbi del neurosviluppo” e gli altri tre nei “disturbi da comportamento dirompente, del controllo degli impulsi e della condotta”.
Nel caso in cui fossero verificate alcune delle caratteristiche tipiche di questi disturbi, l’intervento sui comportamenti problematici dovrà includere delle procedure di trattamento specifiche, aggiuntive rispetto alle tecniche di gestione delle contingenze che costituiscono la base dell’intervento educativo.
MIO FIGLIO NON RIESCE A STARE FERMO: CAMPANELLI DI ALLARME PER SITUAZIONI DI RILEVANZA CLINICA
Alcune caratteristiche che possono costituire un campanello di allarme rispetto alla presenza di una situazione di rilievo clinico sul versante dei disturbi esternalizzanti sono:
- il fatto che il proprio figlio non riesce a stare fermo;
- il fatto che il proprio figlio non riesca a concentrarsi su un compito specifico e che manifesti significative difficoltà di attenzione;
- il passare continuamente da un compito o da un gioco all’altro senza fissare l’attenzione in maniera prolungata;
- una marcata e frequente oppositività del bambino e costante atteggiamento di sfida;
- delle accentuate esplosioni di rabbia del bambino che presentano alta intensità e durata;
- il fatto che le marcate difficoltà di gestione del bambino si presentino in tutti i suoi contesti di vita in maniera pressoché invariata;
- marcata impazienza del bambino e difficoltà ad aspettare.
MIO FIGLIO NON RIESCE A STARE FERMO: COME VARIA LA FASE DI VALUTAZIONE
In fase di valutazione, durante il colloquio preliminare con i genitori e l’osservazione strutturata del bambino, nel caso in cui vi siano caratteristiche che fanno pensare ad un quadro clinico specifico che va oltre la normale vivacità del bambino, viene proposto ai genitori un approfondimento diagnostico che può comprendere le seguenti procedure:
- valutazione neuropsicologica;
- somministrazione di test standardizzati che analizzano le caratteristiche specifiche dei disturbi del comportamento;
- analisi funzionale dei comportamenti problematici;
- colloquio di approfondimento con gli insegnanti;
- eventuale osservazione del contesto scolastico.
La valutazione neuropsicologica, tramite strumenti testistici dedicati, permette di misurare le abilità cognitive che risultano deficitarie in questi disturbi e quindi di verificare le eventuali presenza e gravità del disturbo.
Tra le abilità cognitive che è indicato valutare in questo ambito specifico vi sono:
- funzioni esecutive (abilità di pianificazione e problem solving);
- capacità attentive;
- impulsività.
In parallelo si analizzano con test dedicati le manifestazioni di rabbia e oppositività del bambino.
Al termine dell’approfondimento diagnostico, viene fatta una restituzione dei risultati ai genitori per poi avanzare una proposta di intervento specifico sul quadro emerso.
MIO FIGLIO NON RIESCE A STARE FERMO: COME VARIA LA FASE DI INTERVENTO
Dal punto di vista del trattamento, nei disturbi esternalizzanti si procede, anche se con alcuni adattamenti specifici, con le stesse procedure di gestione delle contingenze basate sui principi del condizionamento che abbiamo visto nei precedenti articoli.
Si interviene quindi con procedure analoghe a quelle utilizzate per difficoltà di gestione del bambino causate da normale vivacità.
Gli adattamenti necessari da combinare a tali procedure riguardano una necessaria maggior precisione della loro esecuzione e l’intervento specifico in termini di potenziamento cognitivo sui deficit rilevati in fase di valutazione neuropsicologica.
I colloqui di potenziamento delle abilità genitoriali, in cui vengono adattate le procedure educative, vanno quindi affiancati a dei colloqui con il bambino in cui vengono applicate le seguenti procedure:
- attività di potenziamento delle abilità attentive;
- attività di potenziamento delle capacità di problem solving.
Inoltre, se il bambino ha più di 8 anni e quindi presenta sufficienti abilità introspettive è opportuno implementare dei colloqui in cui vengono insegnate strategie di gestione della rabbia.
Se il problema impatta in maniera significativa sul contesto scolastico è opportuno che il terapeuta coinvolga anche gli insegnanti nell’implementazione di specifiche strategie educative per intervenire sul problema.
MIO FIGLIO NON RIESCE A STARE FERMO: MAI SOTTOVALUTARE LE DIFFICOLTÀ DI GESTIONE
A volte il confine tra marcata vivacità del bambino e un reale problema clinico è molto sottile e quindi il consiglio che ci sentiamo di dare a tutti i genitori è quello di non sottovalutare mai le costanti difficoltà di gestione che possono caratterizzare la condotta del proprio figlio.
Per qualsiasi difficoltà di gestione, più o meno rilevante, vi sono strumenti educativi specifici che permettono di intervenire efficacemente sulla situazione, quindi mai rimandare la risoluzione di un problema quando si può intervenire attivamente fin da subito.
Più un bambino è piccolo, più presenta plasticità cerebrale e capacità di apprendimento e quindi se si interviene in maniera tempestiva, si ha il più ampio margine di recupero possibile del problema.
Per saperne di più visita la pagina dedicata al nostro servizio di intervento sui problemi di comportamento:
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Dott. Alberto Cocco
PSICOLOGO CLINICO
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